Una settimana fa cercavo un volo per la Turchia. No, non sto programmando nessun viaggio, ero solo intento a testare una nuova funzionalità di Google: il tasto +1. Se non l’avete ancora notato, le possibilità sono due: o non usate un computer per lavorare (ma c’è ancora qualcuno che lo fa?), o più probabilmente non avete un account di Google (c’è anche la remota eventualità che viviate in un atollo deserto in Polinesia e che peschiate aragoste per nutrirvi, ma dubito che stareste leggendo questo post). In ogni caso, ho scoperto che il "tasto +1" funziona: anzi, va proprio alla grande.
Spiego subito questo piccolo esperimento: mi sono collegato a Google e ho inserito nel campo di ricerca la parola "voli Turchia". Riporto qui tre risultati tra i tanti, innocuamente collocati in mezzo alla SERP ("Search Engine Result Page", cioè la pagina dei risultati). Ho evidenziato nell’immagine uno dei piccoli box "+1" trasparenti che stanno di fianco ad ogni titolo blu: quello è il nuovo tasto di Google. Sottolineo nuovamente che perché Google ve lo mostri dovete essere possessori di un suo account e "loggati" al suo interno nel momento della ricerca. Il tasto funziona proprio come il tasto "like" di Facebook (che conoscono di sicuro anche in Polinesia), e permette di esprimere la propria preferenza su un dato sito o pagina web (nel momento della ricerca, e non solo).
L’ho provato subito, scegliendo casualmente di "premiare" tripadvisor.it, cioè l’ultimo dei tre risultati. Dopo aver quindi "cliccato" sul corrispondente box "+1", ho aperto un’altra pagina iniziando una nuova ricerca, e sono stato ben attento a digitare ancora "voli Turchia". Ed ecco il risultato: già, Google si è ricordato della mia preferenza e prontamente me la rinfaccia, addirittura innalzando di una posizione in classifica il sito scelto. Sembra proprio una funzione intelligentissima, che forse farà risparmiare un sacco di tempo e denaro: se infatti un servizio in passato mi ha soddisfatto in qualche modo, non è giusto che questo salti all’occhio prima degli altri? Ma un attimo: ho condizionato solo la mia ricerca, oppure…
Controllare è stato facile: ho chiesto a un mio contatto Google di mostrarmi la sua pagina dei risultati dopo aver digitato a sua volta "voli Turchia" (che cos’è un "contatto Google"? Ad esempio, un qualsiasi possessore di account Google, e quindi anche solo casella Gmail, che abbia scambiato qualsiasi tipo di corrispondenza con il sottoscritto: basta anche una sola e-mail!). Il suo risultato era uguale al mio, e anche qui tripadvisor.it si trovava in una posizione di privilegio rispetto a quella che "G-madre-natura" le aveva prestabilito.
Questa si che è la vera novità: tralasciando il fatto che da sola la piccola scritta "Mattia Frigeri ha fatto +1" non salti all’occhio poi così tanto (rischiando di eliminare ogni sospetto dell’utente), nemmeno Google stesso è stato finora troppo chiaro sulle modalità in cui i "+1" che ci dimentichiamo in giro per il web debbano apparire, e soprattutto a chi (basta leggere le informazioni generali, oppure quelle sulle connessioni per farsi solo una sfuggente idea).
Tutto questo, infine, odora molto di qualcos’altro già visto: Facebook. Ma c’è un piccolo particolare: Google non è Facebook. Sempre per i polinesiani allora, ripassiamo cosa sia in realtà Google: tra le miliardi di cose, Google rimane ancora il motore di ricerca numero uno al mondo, ed è inutile ricordare quanto al giorno d’oggi il marketing legato ai motori di ricerca sia importante. Salire e scendere di una sola posizione nella pagina dei risultati, per una grande attività può significare uno “shift” di guadagno considerevole. E se il motore personalizza le ricerche, vuol dire che agisce proprio su questo tasto.
Facendo un piccolo passo indietro, si scopre che l’idea di una ricerca "filtrata" non è affatto nuova: già nel 2009 sul blog ufficiale di big G (il nomignolo sorto in America per indicare il colosso di Mountain View, cioè Google) è uscito con grande discrezione un post intitolato "ricerca personalizzata per tutti", nel quale si spiega come da quel momento in poi i risultati delle ricerche si sarebbero automaticamente "allineati" con le preferenze dell’utente. Preferenze però stabilite dal motore di ricerca, instancabile analizzatore dei dati e delle tracce che le persone lasciano in giro sulla rete. E’ anche risaputo che Google utilizzi attualmente una sessantina di indicatori (dal luogo in cui ci troviamo, al browser che stiamo usando, fino al tipo di ricerche che abbiamo fatto in precedenza) per cercare di indovinare chi siamo e quali siano i possibili siti che ci piacerebbe visitare. Senza dirci nulla però su cosa pensi di noi!
Chi è convinto che facendo una ricerca su Google tutti ottengano gli stessi risultati dovrà proprio ricredersi: non è affatto così… Almeno dal 4 dicembre 2009: il "Giorno del Giudizio".
La nuova parola d’ordine sembra essere diventata "soggettività". Ma se da un lato i vantaggi potrebbero essere molteplici, siamo davvero convinti che le nostre ricerche più importanti debbano anche venir influenzate dalle preferenze altrui? E’ giusto che agenzie che hanno speso soldi ed energie per ottimizzare i propri contenuti e rendere migliore il proprio servizio vengano spazzate da via da altre che potrebbero invece aver puntato solo sulla quantità dei propri contatti? E paradossalmente, se i miei amici fossero tutti degli imbecilli che non sanno distinguere una buona occasione da una fregatura (ho già un paio di nomi in mente)? Come accade nella realtà, dove ci fidiamo dei consigli dei nostri conoscenti molto di più di quanto onoriamo i ragguagli del primo anonimo, ora anche Google si è convinto che il tuo miglior amico (o il tuo contatto Gmail più inutile) sia dopotutto la tua miglior fonte di informazione.
Mark Zuckerberg (il fondatore di Facebook) tempo fa ha cinicamente osservato: "Nella nostra piccola cerchia di contatti, uno scoiattolo che muore davanti alla nostra abitazione può essere più rilevante di tutta la gente che muore in Africa".
Forse, come sostengono alcuni, tra Google e Facebook c’è e ancora dovrebbe esserci tanta differenza. Ma se allo stato attuale Google non è ancora evoluto completamente in un social network, è solo questione di tempo: in questi mesi ha visto la luce il progetto Google+ (nel momento in cui scrivo, luglio 2011, tale progetto è accessibile solo su invito).
Risulta quindi chiaro quanto importante e utile possa diventare questa innovazione, ma quanto profonda dovrebbe essere anche la nostra riflessione: ci sono di sicuro implicazioni etiche, morali e sociologiche che bollono in questo enorme calderone. Non sarà questa la sede, ma per chi fosse interessato ad approfondire consiglio vivamente di prestare un occhio e un orecchio alla videoconferenza sul tema di Eli Pariser, ex direttore esecutivo del movimento no-profit moveOn. Eli ci mette tutti in guardia da questa "bolla di filtri online" che isolano l’utente, impedendogli di condividere informazioni ed esperienze collettive.
Dai laboratori di Google escono tutti i giorni cose meravigliose e la buona fede di molte delle loro iniziative è davvero tangibile (in fin dei conti, anche il tasto +1 rappresenta comunque un esperimento interessante e io stesso ho deciso di implementarlo sulle pagine del mio sito), ma per chi preferisse comunque l’insipidita di una ricerca più o meno "neutra" (per quanto poco questo sia ancora possibile), è giusto condividere alcune regole basilari per far sì che i nostri risultati e quelli dei nostri contatti siano più "puliti" (sempre se si è in possesso e "loggati" in un account Google):
Google un social network: alla fine sarebbe poi così spaventoso? I pochi che hanno sperimentato Google+ parlano di un ottimo servizio, soprattutto perché prende le distanze dal poco rispetto verso la privacy insito in Facebook. In ogni caso, sempre meglio un social network di Google che Facebook trasformato in un motore di ricerca!
A dimostrare le mie argomentazioni, c’è la recente scelta di Google di eliminare il tasto “+1” dalla pagina dei risultati: a quanto pare (e a quanto si legge in giro nei vari blog), i “click-spam” hanno raggiunto un numero tale da abbassare la qualità delle ricerche.
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