È uscito lo scorso aprile un fumetto molto particolare. Non parla di supereroi, ma narra a colpi di inchiostro uno dei fenomeni piú discussi nel mondo dell’economia web: la teoria della coda lunga di Chris Anderson, comparsa per la prima volta nel 2004 in un articolo di Wired e ampliata nel saggio dello stesso autore Da un mercato di massa ad una massa di mercati (2006).
In questo saggio Anderson dimostra come il relativamente recente mondo di internet sia riuscito a far tremare le fondamenta dell’economia “neoclassica” ribaltando uno dei suoi principi fondamentali: quello che afferma che la distribuzione delle vendite è regolata dal conflitto che nasce tra il bisogno illimitato dell’uomo e la scarsezza delle risorse. Parole che da sole dicono troppo poco? Forse, per capire a fondo il meccanismo puó essere d’aiuto un esempio pratico. Proviamo ad immaginare che questa storia sia davvero un fumetto…
Pianeta Terra: un giorno imprecisato verso la fine degli anni ottanta. Ci troviamo nella metropoli sempre piú popolosa dell’intrattenimento video, quand’ecco all’improvviso saettare tra le grigie nuvole che circondano sempre le vette dei grattacieli piú alti, il primo vero supereroe…
C’era un prima, poi è arrivato Blockbuster. In principio, per vedere un film con la propria famiglia era necessario scegliere tra i soliti quattro o cinque canali televisivi impegnati a litigarsi la prima serata, o a mali estremi spostarsi in macchina verso il cinema piú vicino. Poi, scaturita dalla genialità di alcuni imprenditori, la grande idea: perché privare il pubblico del potere di scegliere? In fondo, siamo cittadini di un paese libero…
Cosí, dall’evoluzione naturale dei piccoli negozi di videonoleggio, sorge la celeberrima catena di retailing. E da quel momento, quasi tutto è cambiato: finalmente, ecco a nostra disposizione un assortimento apparentemente infinito di titoli preselezionati! Preselezionati, è vero, ma in grado di garantire piú o meno tutte quelle hit che al botteghino hanno registrato gli incassi piú alti. Blockbuster ha avuto un cosí grande successo nel rendere felici le nostre serate a schermo e pop corn, che nel 2004 si registra l’apertura media di due negozi al mese!
Non va dimenticato peró che si parla di negozi fisici. Già, perché come sottolinea lo stesso Anderson, nient’altro che di “calce e mattoni” si tratta. Qualsiasi esercizio (grandi catene comprese) deve infatti sottostare ad una legge inflessibile: possedendo uno spazio dichiarato e calcolato attraverso il quale esporre la propria merce (pareti, scaffali, espositori, ecc.), il singolo centimetro quadrato ha un costo che deve essere quantificato economicamente. L’equazione del piú alto profitto è quindi quella che permette di individuare i titoli destinati al maggior successo tra gli utenti (i cosiddetti blockbuster): in questo modo l’azienda potrà ripagarsi l’affitto, le spese, e ottenere un guadagno che sarà tanto alto quanto il meccanismo della preselezione è stato efficace.
E cosí, tra i vari titoli ecco scattare anche una feroce “lotta per la sopravvivenza”. Se infatti metto in bella luce un film potenzialmente privo di interesse, la perdita economica sarà maggiore: non solo il noleggio non andrà a buon fine, ma avró anche rubato visibilità al prodotto decisamente piú attraente che sta al suo fianco (per non parlare di quello che avrebbe potuto prendere il suo posto).
C’è un grosso “ma”, tuttavia: facendo due conti, si intuisce che quello che passa per il setaccio di Blockbuster non è che una minima parte dell’immenso panorama della produzione video. Alcuni negozi possono arrivare ad esporre anche fino a 5000 titoli (un numero non certo indifferente), ma che ne è di tutte le altre decine di migliaia tra film, programmi televisivi, documentari, fiction e serie tv che ogni singolo anno vengono realizzati nel mondo? Assolutamente nulla: su questa nave, lo spazio per tutti davvero non c’è. E se questa è la legge a cui deve sottostare una grossa catena, cosa dire dei piccoli negozi di videonoleggio dove lo spazio è ancora piú risicato?
Se Blockbuster fosse stato un supereroe per davvero, i suoi giorni di gloria sarebbero già giunti al termine. Nel suo caso infatti, è sopraggiunto uno spietato antagonista: scaltro, agguerrito, e dotato di armi tecnologiche al di là dell’immaginabile…
Il nemico naturale di Blockbuster si chiama Netflix. Società nordamericana nata nel 1997, Netflix inizia la propria attività come servizio di noleggio DVD e videogiochi via internet: spedisce i suoi prodotti attraverso il tradizionale servizio postale, che viene utilizzato dai clienti anche per la restituzione.
Ma l’arma segreta, quella che ha messo davvero in crisi la supremazia di Blockbuster, è stata l’offerta del piú efficiente ed economico servizio di streaming online su abbonamento. Vi si puó accedere tramite una normale connessione internet, e i film si possono guardare usando un laptop, una console di gioco, o semplicemente collegando uno schermo televisivo al proprio computer.
Davanti a tale superiorità, e ad una tecnica cosí avveniristica da sembrare quasi aliena, Blockbuster ha provato a correre ai ripari incrementando quella parte del proprio mercato che già viveva sulla rete, ma il danno ormai era fatto! Una spietata regola del web dice che chi arriva prima degli altri terrà sempre per per sé la fetta piú grande: non c’è spazio per due galli nello stesso pollaio (e lo cantavano anche gli Abba)!
Il triste epilogo è che Blockbuster ha registrato un inesorabile calo negli ultimi anni, tanto che ormai si parla di bancarotta imminente: purtroppo per il supereroe, l’azione combinata del diffondersi della pirateria digitale (soprattutto in Europa dove Netflix non è ancora arrivato “ufficialmente”) e l’avvento di sistemi piú immediati ed economici con il loro grosso carico di Kryptonite, hanno rappresentato un cocktail micidiale.
Ma chi è convinto che si sia trattato di un attacco mirato, non potrebbe essere piú lontano dalla realtà: “l’orda dei malvagi” ha avuto un raggio d’azione molto piú ampio, e Blockbuster non è stato l’unico a dover fare i conti con il nemico. Lo attesta il successo di Amazon nei confronti della grande catena di libri Barnes & Noble, o il modo in cui iTunes e Rhapsody Napster in USA abbiano preso a pugni i negozi Walmart. E ancora, il predominio di sistemi come Ebay, Tripadvisor, Expedia, Groupon e quelli come loro che hanno fatto squillare all’unisono tutti i campanelli d’allarme. Per non parlare dell’ondata che “atterrerà” tra di noi nell’immediato futuro: le capsule spaziali sono tutte all’orizzonte, e l’invasione è appena iniziata!
Torniamo un attimo con i piedi per terra: che cosa ha decretato tutto questo successo? La diffusione di internet e dei personal computer è stato di sicuro un motivo, ma non l’unico: il procedimento che c’è sotto è decisamente piú fine.
Per prima cosa, imprenditori ancora piú geniali dei primi hanno compreso che quando ci si cala nel settore dell’intrattenimento, non a tutti piacciono le stesse cose, nemmeno se queste sono delle “hit universali”. Rispettando le regole della par condicio, prendiamo il caso di Amazon e della catena Barnes & Noble: mettendo davanti ai compratori del web una scelta pressoché infinita di libri (dai gialli ai fantasy, dall’horror all’architettura, da un romanzo rosa sui vampiri al Manuale per l’allevamento dei tordi comuni, esotici e mutati), grazie al potere della legge dei grandi numeri Amazon troverà sempre almeno un acquirente interessato anche al titolo più strano. E rispetto ai non indifferenti costi di stoccaggio degli scaffali di Barnes & Noble, pochi bit di spazio su un database rappresentano una spesa praticamente inesistente. Che differenza fa infatti per Amazon se il Manuale per l’allevamento dei tordi comuni, esotici e mutati venderà solo una copia? Con la cifra irrisoria che è costato pubblicizzarlo e metterlo a disposizione di tutti, quell’unica vendita rappresenta pur sempre un guadagno netto!
Eliminata anche la temuta “lotta per la sopravvivenza” tra i titoli: non esistendo alcuno scaffale fisico da contendersi, l’insolito Manuale per l’allevamento dei tordi comuni, esotici e mutati non toglierà visibilità alcuna ai bestsellers di scrittori come Stephen King, Ken Follet, J.K. Rowling, Umberto Eco e… persino Benedetta Parodi.
E per quel che riguarda la diffusione? Beh, infinitamente piú efficace rispetto a quella dei negozi tradizionali: questi ultimi al massimo possono aspirare a rivolgersi a un pubblico locale. Prendiamo come esempio l’infinita lista dei film di Bollywood: per ovvi motivi di mercato, questi non riusciranno mai a farsi largo tra gli scaffali dei negozi statunitensi, anche se in America vivono piú di un milione e mezzo di indiani! Al contrario, una comunissima connessione internet permette di fare qualsiasi acquisto da ogni luogo e in momento del giorno. Avete uno smartphone o un tablet? Allora sapete già che sulla rete non esistono sedi, orari di apertura e orari di chiusura: tutto è sempre disponibile.
Come se non bastasse, al “calderone” si somma anche l’efficace e democratico passaparola digitale tipico del web 2.0 e 3.0: i filtri di ricerca su Google, le informazioni dei sistemi non piú così chiusi dei social networks, i consigli per gli acquisti dei portali e-commerce, il moltiplicarsi dei blog, i siti internet di varia natura, le applicazioni mobile e chi piú ne ha piú ne metta.
Non esistono piú ostacoli, insomma, tra l’offerta e la domanda, perché le microinformazioni sono disseminate in ogni angolo della matrice che si estende ormai fino ai confini del mondo civilizzato: la rete.
Dopo aver volato aggrappati al mantello blu di Blockbuster per i cieli di una video-Manhattan, l’atterraggio (o caduta?) sul freddo asfalto non poteva che essere dei piú duri. E sul fondo della strada ci aspetta inesorabile lo “schema finale”: come il messaggio di Marlon Brando al figlio Kal-el enunciava l’atavica disciplina di Krypton, lo schema racchiude il verdetto ultimo della teoria della coda lunga:
“Offrire una gamma di scelta quasi infinita di prodotti di nicchia ad un pubblico altrettanto illimitato (quello della rete) è dal punto di vista economico piú attraente che mettere a disposizione degli acquirenti poche hit dal mercato sicuro”
Le cosiddette “scelte di nicchia”, come il Manuale per l’allevamento dei tordi comuni, esotici e mutati (tanto prima o poi qualcuno lo comprerà) sono quelle posizionate nella “lunga coda” alla destra del grafico:
Il grafico mostra chiaramente che se sommati, i prodotti meno comuni (quelli alla destra) sbaragliano per quantità i loro “colleghi” piú celebri (posizionati alla “testa” del grafico)
Essendo la curva “asintotica”, non tenderà mai allo zero: significa che non solo i mercati esistenti si sono ampliati, ma che ne sono sorti addirittura di nuovi grazie alla riscoperta dei cosiddetti “prodotti latenti”. E sebbene sia chiamata “teoria”, di teorico non ha proprio nulla: Amazon, Ebay, iTunes e attività simili incassano davvero ogni giorno piú profitti dai milioni di contenuti di nicchia rispetto ai “super richiesti” (ma relativamente pochi) prodotti dello star system economico e culturale.
Tale fenomeno si acuirà, rallenterà o salterà per aria silenziosamente come una bolla di sapone? C’è chi afferma che il mercato è cambiato, e con tutta probabilità è cambiato per rimanere tale. Sappiamo però bene che di certezze assolute ce ne sono sempre troppo poche: e il bello di ogni storia è che è la storia stessa a porre le basi per il proprio seguito.
…to be continued?
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© 2023 Mattia Frigeri
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